Anoressia e bulimia sono le due espressioni di comportamento alimentare disturbato che sono entrate già da diversi anni nel lessico condiviso e che hanno fatto riflettere sui modelli culturali televisivi e sociali. Riflettere dicevamo, ma non cambiare. L’egemonia della perfezione estetica non è stata intaccata minimamente dalle voci più o meno autorevoli di quanti sottolineano l’impatto causale (sarebbe meglio parlare di con-cause) tra la costruzione di un simile immaginario e la magrezza di molte ragazze che ne è la tragica parodia.
A nostro conforto va il dato sulla percentuale crescente di anoressie e bulimie che vengono diagnosticate precocemente e per le quali sono state perfezionate efficaci strategie di trattamento multidisciplinare.
Non tutte le anomalie del comportamento alimentare sono però passate sotto la lente del dibattito mediatico e non si giovano dunque di quel fattore di “prevenzione diffusa” che i mezzi di comunicazione hanno il potere di promuovere.
Una ricerca statunitense stima che il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder, BED) colpisce circa due milioni e mezzo di americani e definisce una percentuale oscillante tra il 2% e il 40% delle persone obese. La definizione è stata introdotta nel dibattito scientifico da uno psichiatra di Yale, A. Stunkard, circa cinquant’anni fa e coniata da un paziente dello stesso Stunkard, H.Cohen, per descrivere momenti ricorrenti in cui veniva sopraffatto dal desiderio sfrenato di mangiare e abbuffarsi, in barba alle rigide diete che altrimenti seguiva con ogni scrupolo.
La tendenza a perdere il controllo, quasi sempre al di fuori dei pasti e consumata in solitario (spesso la notte), è il più delle volte preceduta, accompagnata e seguita dall’osservanza di diete che viceversa puntano sul controllo inflessibile della quantità di cibo ingerito nella scalata verso il feticcio del “peso forma”.
Non sorprende dunque che il BED colpisca in prevalenza la popolazione femminile, si stima infatti che il 20-30 % delle donne giovani e meno giovani che si rivolgono al dietologo ricorrano ad abbuffate, anche se come sta avvenendo per anoressia e bulimia le percentuali si stanno livellando tra i due sessi.
Il peso corporeo di soggetti diagnosticabili con un BED è dunque mediamente superiore a quello di individui bulimici che pur abbuffandosi mantengono, a caro prezzo, un peso nella norma o inferiore.
Ciò che invece accomuna le due manifestazioni sintomatiche da un punto di vista clinico è che l’accento non viene posto sulla quantità di cibo ingerito, ma sulla sensazione di essere travolti da una incontrollabile bramosia di cibo e che si traduce in un’azione di cui, magari non sul momento, viene percepito con colpa il risvolto autodistruttivo. Il lasciarsi travolgere dalla bramosia per il cibo può rappresentare così una strategia, forse l’unica possibile, per congelare e narcotizzare la consapevolezza di emozioni profonde e dolorose che vengono “trasferite” sul corpo e sulle sue dimensioni.
Il piacere è un aspetto marginale, come già descriveva con chiarezza Cohen: “Non è un piacere, semplicemente succede. E’ come se una parte di me si oscurasse. E quando accade non c’è più niente altro. Solo io e il cibo” (in M. Cuzzolaro, Anoressie e Bulimie. Il Mulino, 2004. Pag. 51).
Siamo in presenza di un sentire che assomiglia ad una alterazione dello stato di coscienza (come il sogno, o la perdita di sé indotta dalle sostanze psicotrope) e che deve ripetersi, ai fini della diagnosi di BED, almeno due giorni a settimana per un periodo minimo di sei mesi. Un fenomeno dunque tanto complesso quanto doloroso la cui spiegazione non si può risolvere additando le diete drastiche o i modelli culturali di estetica trionfante che ne sono la molla.
Non è possibile tuttavia concludere che i BED hanno solamente origine da traumi. E’ molto complessa al contrario la trama di eventi di vita e caratteristiche psicologiche che alimentano, quel senso di “vuoto” interiore che viene scambiato per “fame” e scatena la compulsione a riempirlo con lo strumento più a portata di mano, il cibo. La presenza eventuale di tratti depressivi, scarsa autostima,e la persistenza nel tempo dei comportamenti di Alimentazione Incontrollata sono i fattori che consigliano trattamenti più o meno prolungati ed elaborati. Il BED è nella maggior parte dei casi solo la punta dell’iceberg di un disagio che ha vari gradienti di gravità.
E come un iceberg le condotte alimentari BED che arrivano all’attenzione dei clinici sono solo una piccola percentuale (si stima intorno al 10%) di una casistica “sommersa” in cui rientrano spesso le persone obese e a cui il più delle volte vengono prescritte diete che con frustrazione estrema non riescono a rispettare, poiché sommersa rimane la sofferenza psicologica.
Dott.ssa Claudia Miceli
Psicologo clinico
Esperto in Valutazione Psicologica
Psicoterapeuta sistemico-relazionale Milan Approach in formazione
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