Ma perché tutti vogliono entrare a far parte del Parco dei Nebrodi? La domanda, ricordando un noto conduttore televisivo, non può non sorgere spontanea. Da entità quasi oscura sull’orlo della crisi, stipendi dei dipendenti a rischio, zero risorse per le attività istituzionali e trasferimenti regionali di gran lunga insufficienti persino a garantirne la sopravvivenza stessa, il Parco dei Nebrodi si ritrova improvvisamente tra gli enti più gettonati. Dalla gran parata per l’insediamento del presidente Antoci, da fare invidia alle feste delle corti nobiliari di un tempo, ad oggi, sembra improvvisamente essere esploso il sereno. Tutti adesso vogliono entrare nel parco dei Nebrodi. Tutto iniziò lo scorso Novembre quando qualcuno tirò fuori dal cassetto vecchie richieste di annessione al Parco, alcune risalenti persino al 2003. Sono circa una ventina i comuni che hanno chiesto, negli ultimi dieci anni, di aderire al Parco dei Nebrodi: Roccella Valdemone, Montalbano Elicona, Mirto, Frazzanò, Capri Leone, Castel di Lucio, Nicosia, Tusa, San Salvatore di Fitalia, Reitano, Motta d’Affermo, Pettineo, San Piero Patti, Malvagna, Tripi, Sinagra, Librizzi, Ficarra, Sant’Angelo di Brolo, Montagnareale, Castell’Umberto, Naso e Torrenova. L’idea è stuzzicante, diventare la più grande area protetta d’Italia. Al tavolo delle riunioni lo stesso assessore regionale al territorio ed ambiente Mariella Lo Bello benedice l’allargamento ricordando i periodi in cui tutti erano diffidenti, non solo sui Nebrodi ma nell’intera Sicilia, sull’istituzione delle aree protette, mentre oggi si fa a gara per chi vuole entrarci prima. A quell’elenco dei comuni candidati ultimamente si sono aggiunti, trasportati dalle voci di corridoio, anche i nomi di altri centri, ad esempio quello di Capo d’Orlando. Oggi si legge invece di Francavilla , già aderente al Parco fluviale dell’Alcantara, che chiede l’annessione ai Nebrodi. Scorgendo l’elenco, alcune immissioni nel Parco sembrerebbero quasi naturali, su altre, invece, in molti hanno espresso più di una perplessità, non riuscendo ad individuare quali possano essere le peculiarità dei territori, le specificità, le contingenze che possano indurre ad un ingresso al Parco la cui delimitazione, disciplinata dalla legge regionale 9 agosto 1988, n. 14, individua nello specifico le seguenti aree:
– parco naturale, per la conservazione di ambienti di preesistente valore naturalistico e per la fruizione sociale, ricreativa e culturale;
– riserva naturale, per la protezione di uno o più valori ambientali, tra cui:
riserva naturale integrale, riserva naturale orientata, riserva naturale speciale, riserva naturale genetica
– aree di protezione pre-parco o pre-riserve, al contorno delle zone delimitate come parco o riserva allo scopo di integrare il territorio circostante nel sistema di tutela ambientale.
A chiudere il cerchio delle meraviglie, il voto del consiglio dell’Ente Parco che delibera ufficialmente la richiesta di entrare a far parte del novero dei “patrimoni dell’Umanità” dell’Unesco. Tutto molto bello! Nulla però nella vita, men che mai in politica, succede per caso, ed allora, come scritto in apertura di pezzo, la domanda sorge spontanea: ma perché tutti oggi vogliono entrare nel Parco dei Nebrodi? E’ evidente che una regia, o forse sarebbe meglio dire “strategia” politica comune deve esserci alla base. La sensazione che più risalta è quella di un tentativo, legittimo, delle amministrazioni locali di non rimanere escluse dagli organismi di governance territoriali che stanno sempre più diventando unici centri di attrazione di progetti e finanziamenti. Altro fattore determinante in questa singolare corsa al posto al sole, la necessità, altrettanto legittima, degli amministratori di trovarsi al posto giusto nel momento giusto e dunque, se possibile, prendere in mano la “cloche” e guidare, o almeno co-pilotare, quegli organismi così capaci di attrarre fondi europei e non solo. Ed ecco quindi scatenarsi l’assemblea dei soggetti aderenti al “Gac”, gruppo d’azione costiera, la cui elezione del presidente, designato nel sindaco di Acquedolci Ciro Gallo, e l’individuazione del “centro di comando”, attribuito a Capo d’Orlando, sono state precedute da sonore “sportellate” tra i contendenti, o le “sgomitate” in seno all’Unione dei Nebrodi ed allo stesso ente Parco, il cui consiglio, non a caso, ha deciso di non procedere con l’individuazione del vice presidente in attesa proprio del possibile allargamento del numero dei comuni aderenti. Tutti all’assalto della diligenza, dunque, con un altro fattore comune in tutti i casi. L’immobilità di Sant’Agata Militello che, da centro nevralgico delle politiche di governance territoriale, si vede sempre più relegata al ruolo di spettatore alla finestra mentre gli altri, con pieno titolo e legittimazione, decidono, pianificano, determinano.