Otto volte campione del mondo. Antonio Cairoli scrive un’altra pagina della storia del motocross confermandosi il numero uno di questa disciplina e cogliendo il sesto trionfo consecutivo nella classe regina dello sterrato la MXGP (fino allo scorso anno ribattezzata MX1). Antonio Cairoli, partito da Patti per frantumare record e cogliere vittorie in sella a una moto da cross. Il 29enne alfiere del team KTM Red Bull, con questo successo accorcia ulteriormente il gap sul belga Stefan Everts, pilota più titolato della storia del motocross con 10 trionfi. Numeri che avvicinano Cairoli, che i primi due titoli iridati lo ricordiamo li conquistò nel 2005 e nel 2007 in MX2 in sella alla Yamaha, ad autentiche leggende della velocità come Sebastian Loeb (9 volte campione del mondo di rally), Valentino Rossi (nove volte campione del mondo nel motomondiale) e Giacomo Agostini (15 titoli iridati). Nonostante il 2014 sia stato un anno travagliato per Tony: per la morte del padre Benedetto (morto il 14 maggio scorso), che lo seguiva nelle gare sin da quando era bambino, il siciliano è riuscito non si è abbattuto ed ha proseguito la sua stagione nel miglior modo possibile, vincendo e mostrando la sua superiorità schiacciante sugli avversari. Jeremy Van Horebeek, limitato da una grave ferita rimediata in Belgio e rallentato da un infortunio occorso nelle qualifiche di ieri in quest’ultima tappa brasiliana, è stato l’unico in grado di reggere il ritmo del fenomeno di Patti da inizio stagione sino ad oggi ma si è dovuto arrendere davanti alla regolarità del numero 222 che ha ottenuto ben 15 vittorie (5 doppiette) in 16 round. In Brasile a Cairoli è bastato amministrare la gara ed arrivare 5° davanti al pilota belga (9° al traguardo) per mettere le mani sul sesto campionato iridato consecutivo con due round d’anticipo. Un titolo ottenuto dall’altra parte del mondo e festeggiato insieme all’inseparabile fidanzata Jill Cox e tutti i suoi familiari ed amici. Cairoli, la cui vita è stata immortalata in un film-documentario realizzato da Nick Janssen e Jean-Paul Maas, scrive un’altra pagina di storia: nell’anno in cui Nibali ha vinto il Tour de France, l’Italia tributa una standing ovation a un altro grande siciliano.