Il dolore alla spalla può provocare un semplice fastidio o persino essere intenso a tal punto da non consentire di poter svolgere le comuni azioni quotidiane. Oggi parliamo di periartrite di spalla con il dott. Federico Terribile, specialista in Ortopedia e Traumatologia.
Dott. Federico, cos’è la periartrite di spalla?
Con il termine generico di periartrite di spalla, o spalla dolorosa, si indicano un gruppo eterogeneo di patologie d’origine infiammatoria e/o degenerative. Rispetto ad altre articolazioni più robuste, deputate alla stabilità e alla deambulazione, la spalla offre un grado di movimento più ampio a scapito però di un’usura e di una degenerazione periarticolare maggiore. Lavori che richiedono uno sforzo importante o un’escursione articolare ampia (lavori e sport overhead) predispongono maggiormente alle patologie infiammatorie e degenerative più frequenti della spalla.Queste vanno da una semplice infiammazione della borsa sottoacromiale fino ad arrivare alle più importanti lesioni della cuffia dei rotatori su base degenerativa.
Cosa si intende per cuffia dei rotatori?
La cuffia dei rotatori è un sistema formato da 4 muscoli (sottoscapolare, sovraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo) che conferiscono stabilità al cingolo scapolo-omerale e che, lavorando in maniera sincrona tra loro, consentono i movimenti più importanti della spalla stessa. I tendini di questi muscoli avvolgono e proteggono la testa omerale ecco perchè il sistema ha preso il nome di cuffia. Poiché il tendine del sovraspinoso scorre attraverso uno spazio osseo ristretto, delimitato superiormente dall’acromion (sporgenza della scapola) e inferiormente dalla testa omerale, la borsa che lo riveste, essendo sieromucosa e ripiena di liquido, favorisce questo scorrimento sia come funzione lubrificante sia come ammortizzatore.
Tutti i processi che portano ad un’infiammazione o a una degenerazione della borsa, dell’acromion o dell’articolazione acromionclaveare produrranno una riduzione di questo spazio con conseguente difficoltà allo scorrimento tendineo, dolore a riposo accentuato dai movimenti, soprattutto quelli che necessitano di un’elevazione del braccio. Il protrarsi di questi processi con sofferenza dei tendini causeranno alterazioni degli stessi con il sopraggiungere di tendinopatie calcifiche o degenerative, fino alle possibili rotture.
Come si può effettuare una diagnosi?
Un buon esame clinico, coadiuvato da una semplice radiografia, spesso è sufficiente per porre una diagnosi di certezza; solo nei casi dubbi ci si avvale di un’ecografia o di una RMN.
Quali le possibili cure?
All’inizio con riposo da sforzi, antinfiammatori (fans) all’occorenza e crioterapia locale si riesce ad avere un discreto controllo del dolore; utilissima l’associazione della terapia fisica antalgica, come laserterapia, ultrasuoni, tens, tecar e la rieducativa motoria. Quando quest’associazioni non risolvono del tutto, ma solo in parte la sintomatologia dolorosa, si potrebbe ricorrere alla terapia infiltrativa con sostanze cortisoniche. Solo una piccola percentuale di pazienti in fase iniziale risulta resistente a questo approccio e insieme a chi si trova in fase avanzata (degenerazioni artrosiche acromiali e dell’articolazione acromionclaveare resistenti a terapia) o a chi è andato incontro a una lesione su base degenerativa della cuffia dei rotatori dovrà ricorrere al trattamento chirurgico. Le ultime tecniche artroscopiche consentono sia di avere una visione completa ed accurata di tutte le strutture coinvolte, quindi ottimo complemento diagnostico, sia di poter intervenire alla risoluzione della maggior parte delle patologie.
Al trattamento chirurgico segue sempre una fase riabilitativa che, con una buona compliance da parte del paziente, garantisce un ottimo risultato finale.
Ringraziamo il dott. Federico Terribile per la collaborazione.
Alberto Visalli