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Psoriasi: cause, manifestazioni cliniche e possibili approcci terapeutici

La pelle è l’organo umano con la superficie più estesa (circa 1,5-2 metri quadrati). Pur costituendo il mantello esterno dell’organismo, rappresenta spesso un segnale della nostra salute generale. Tra le patologie dermatologiche, la psoriasi è senz’altro una di quelle in cui la compromissione cutanea è più evidente, ne parliamo con la dott.ssa Roberta Giuffrida, dermatologa.

Dott.ssa Roberta, cos’è la psoriasi?

Dott.ssa Roberta GiuffridaLa psoriasi (dal greco psora = “squama”) è una malattia infiammatoria della pelle, non infettiva e non trasmissibile per contatto o uso comune di oggetti, caratterizzata da chiazze eritemato-desquamative, a decorso cronico-recidivante ed evoluzione imprevedibile. Colpisce circa 150 milioni di persone nel mondo e più di 3 milioni in Italia. Interessa indistintamente entrambi i sessi e tutte le fasce di età; tuttavia, la maggioranza dei casi inizia o nell’adolescenza o in età adulta, tra i quaranta e i cinquant’anni.

Quali le cause?

 Cosa ci sia alla base di questa patologia che così tanto affligge, sia sulla sfera fisica che, anche e soprattutto, su quella psichica, le persone che ne sono affette è stato per molto tempo oggetto di discussione ed incertezze. Negli ultimi anni, tuttavia, notevoli progressi sono stati fatti sullo studio dei meccanismi causali della psoriasi, che sempre più sembra dipendere dall’interazione tra fattori genetici (rischio aumentato in caso di familiarità per la dermatosi) e fattori ambientali (traumi, infezioni, farmaci, stress), questi ultimi in grado di scatenare e/o esacerbare il decorso della malattia, attraverso un meccanismo immunomediato.

Come si manifesta clinicamente?

 Le manifestazioni cutanee apprezzabili nella forma classica di psoriasi (“psoriasi volgare” – 80% dei casi) sono rappresentate da chiazze di colorito rosso, più o meno intenso, ben definite, sormontate da squame grigio-argentee. Le lesioni hanno dimensioni variabili da pochi millimetri a svariati centimetri e sono generalmente localizzate al cuoio capelluto, alle superfici estensorie degli arti (gomiti, ginocchia), alla regione sacro-coccigea e al dorso delle mani. Sono possibili, tuttavia, localizzazioni alle regioni palmo-plantari, genitali o orali, al volto o alle piccole e grandi pieghe (sottomammarie, ascellari, inguinali e retroauricolari – “psoriasi inversa”). Nel 30-50% dei casi è presente anche un interessamento delle unghie (“onicopatia psoriasica”), che si correla frequentemente con compromissione variabile delle articolazioni (“psoriasi artropatica”). Quando presenti, i sintomi lamentati dai pazienti sono bruciore e prurito di varia intensità; più raramente, possono essere avvertiti senso di tensione e dolore. La “psoriasi pustolosa” e la “psoriasi eritrodermica” sono varianti meno consuete e più gravi, in grado di dare un coinvolgimento di tutta la superficie corporea, con frequente compromissione dello stato generale (febbre, artrite e/o enterite).

Le manifestazioni cutanee possono associarsi ad altre malattie?

Per tanto tempo, la psoriasi è stata definita “la malattia dei sani”. In realtà, negli ultimi anni, si è sempre più resa evidente l’associazione di questa dermatosi con altre condizioni patologiche di riscontro più o meno comune: sindrome metabolica (coesistenza di obesità, ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2, ipertrigliceridemia e ipercolesterolemia), malattie cardiovascolari (infarto miocardico, embolia polmonare, ictus), renali (microalbuminuria, amiloidosi), gastrointestinali (morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa), epatiche (steatosi, cirrosi), uditive (ipoacusia), oculari (blefarite, uveite, cataratta, “occhio secco”), muscolo-scheletriche (miositi) e psichiatriche (depressione). Si ricorda, infine, il già menzionato coinvolgimento articolare, che da forme lievi e paucisintomatiche può portare a quadri severi e mutilanti. Tutto ciò, quasi inevitabilmente, comporta una compromissione della qualità e/o durata di vita del paziente che ne è affetto.

Come si fa diagnosi di psoriasi?

La diagnosi di psoriasi è principalmente clinica. Indagini di laboratorio (dosaggio del titolo anti-streptolisinico, nel sospetto di una precedente infezione da streptococco; indici di flogosi) o strumentali (esame radiologico, se si ipotizza un coinvolgimento articolare) possono, talora, avvalorare il sospetto diagnostico.

 Quali le possibili terapie?

 La terapia della psoriasi varia in relazione alla varietà clinica, alla sede e all’estensione delle lesioni, all’età del paziente, all’eventuale coesistenza di altre patologie e alla storia naturale della stessa malattia. Si può ricorrere a trattamenti topici (emollienti, cortisonici, derivati della vitamina A, analoghi della vitamina D, ecc.) o sistemici (cortisonici, analoghi della vitamina A, radiazioni ultraviolette, metotrexato, ciclosporina). Nell’ambito delle terapie sistemiche rientrano i farmaci biologici, prodotti dagli organismi viventi attraverso la tecnologia del DNA ricombinante. Il loro impiego è riservato alle forme di psoriasi severe, non responsive ai trattamenti “tradizionali”. Vengono somministrati per via sottocutanea o endovenosa, con intervalli di tempo variabili. Questi dovrebbero essere impiegati solo da dermatologi specificatamente addestrati, che hanno familiarità con i dosaggi terapeutici ottimali, con le possibili interazioni farmacologiche e con gli eventuali effetti collaterali.

Si ricorda, tuttavia, che non esiste un approccio terapeutico standard. Per ciascun paziente è necessaria un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio delle cure mediche impiegate, con adeguata personalizzazione del trattamento.

E’ necessario, infine, che ci sia un buon rapporto tra il medico e il paziente; molte terapie, infatti, sono efficaci solo dopo diverse settimane ed è facile per il paziente psoriasico cadere nello sconforto e voler sospendere improvvisamente la terapia intrapresa. La fiducia nel dermatologo che lo segue e che dialoga con lui in modo chiaro e diretto lo aiuterà, infatti, a migliorare le aspettative nei confronti di una patologia dall’evoluzione imprevedibile, garantendo una migliore aderenza al trattamento.

Ringraziamo la dott.ssa Roberta Giuffrida  per la collaborazione.

 Alberto Visalli

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