La sincope è una brusca perdita di coscienza con perdita della stazione eretta, seguita usualmente da un completo recupero. Nonostante sia un fenomeno preoccupante e riproduca i sintomi di un arresto cardiaco, è spesso una condizione benigna ed autolimitante. Nonostante ciò nel 30% dei casi si possono produrre lesioni provocate da una rapida caduta a terra; successivi episodi possono essere psicologicamente importanti. Ne parliamo con il dott. Fabrizio Rizzo, cardiologo.
Dott. Fabrizio, quali sono se esistono i sintomi premonitori?
Nei pazienti affetti da cardiopatia, un episodio sincopale può essere premonitore di morte improvvisa. La sincope si manifesta in circa il 3% della popolazione, circa 1/3 della popolazione può essere affetto da questa sintomatologia, una volta nella vita, e in circa il 75% di soggetti giovani affetti da questa patologia può rappresentare un evento isolato. Rappresenta il 3-5% delle cause di visita in pronto soccorso e l’1% dei ricoveri ospedalieri. I sintomi premonitori possono essere dal classico capogiro, dalla lipotimia o presincope (in cui si annoverano sintomi più subdoli quali la debolezza alle gambe, sensazione di stanchezza profusa o sudorazione fredda e abbondante).
Da cos’è causata una sincope?
La sincope può essere di natura cardiovascolare o non cardiovascolare: le prime hanno una prognosi nettamente peggiore. Quelle di origine cardiaco-vascolare sono legate, in genere, a disturbi del ritmo o a lesioni che ostruiscono il flusso del sangue dal cuore. Una delle aritmie più frequenti che possono provocare questa sintomatologia è la Tachicardia Ventricolare, responsabile di circa il 10% di tutti gli episodi sincopali, e può essere in genere essere una conseguenza di un infarto miocardico; le aritmie ipocinetiche, quali un blocco di conduzione elettrica tra gli atrii ed i ventricoli, definito come blocco atrio-ventricolare o un rallentamento marcato della frequenza cardiaca (bradicardia sinusale) sono delle aritmie che possono essere responsabili di questa patologia. La sincope di natura non cardiovascolare ha in genere una prognosi benigna; nella maggior parte dei casi sono legate ad una disfunzione del sistema neurovegetativo.
Negli ultimi anni i progressi nella ricerca cardiovascolare hanno consentito di identificare e di conoscere le cause di un numero crescente di episodi sincopali.
Quali sono i soggetti più colpiti?
La sincope vasovagale, conosciuta anche con il nome di sincope neurocardiogenica, è una delle forme più comuni. I soggetti affetti da questo tipo di sincope sono in genere giovani e spesso hanno dei sintomi premonitori come sudorazione, nausea, stanchezza, pallore. La perdita di coscienza avviene frequentemente dopo aver mantenuto a lungo una posizione eretta (essere in fila), o in conseguenza ad emozioni spiacevoli (prelievo venoso per analisi), o dopo aver mangiato velocemente (distensione gastrica). Si manifesta con abbassamento di pressione, rallentamento della frequenza del cuore e perdita di coscienza. I sintomi scompaiono rapidamente se il paziente viene disteso a terra. La sincope da ipersensiblità seno-carotidea è legata ad un abnorme riflesso che parte dai sensori di pressione carotidei ( meccanocettori), localizzati nel collo sotto la mandibola. L’attivazione di questi recettori in corso di normali situazioni come girare il collo o radersi, può provocare rallentamento della frequenza cardiaca, abbassamento di pressione e perdita di coscienza. L’ipotensione ortostatica si caratterizza invece per una riduzione della pressione arteriosa sistolica superiore a 20 mmHg o della diastolica di almeno 10 mmHg nell’assunzione della posizione eretta e sintomatologia sincopale o pre-sincopale. In genere questo disturbo è legato all’assunzione di farmaci antiipertensivi, antidepressivi o a disturbi del sistema nervoso autonomico come si riscontra in malattie quali il morbo di Parkinson, il diabete, l’insufficienza renale, l’amiloidosi. Esistono poi tutta una serie di situazioni che possono comportare perdita di coscienza che il medico specialista terrà in considerazione nella diagnostica differenziale (malattie metaboliche, cerebrovascolari, epilessia, ecc.).
Come viene effettuata la diagnosi di sincope?
Per la diagnosi e la definizione del meccanismo fisiopatologico della sincope ci si avvale oggi di numerosi esami. È importante un’accurata anamnesi circa la modalità di insorgenza, i sintomi premonitori, il racconto di eventuali testimoni, la durata della perdita di coscienza, il numero di episodi, i sintomi associati. Il problema per la diagnosi risiede nel fatto che la maggior parte dei pazienti presenta, fortunatamente, un solo episodio. I test che comunemente si eseguono sono:
ELETTROCARDIOGRAMMA: può riconoscere eventuali anomalie elettriche.
ELETTROCARDIOGRAMMA DINAMICO( Holter): registrazione elettrocardiografica di 24 o 48 ore serve per identificare aritmie a carattere parossistico.
REGISTRATORI ECG IMPIANTABILI: sono dei piccoli registratori simili ad un microchip o CARD (6*3 cm.) che si impiantano sotto la pelle e registrano l’elettrocardiogramma per un anno intero.
ECOCARDIOGRAMMA: utile nel diagnosticare un’eventuale cardiopatia. ELETTROENCEFALOGRAMMA: utile per diagnosticare una possibile epilessia.
TILT TEST: è divenuto negli ultimi anni uno dei test più comuni nella valutazione delle sincopi in pazienti senza segni di cardiopatia e soprattutto nei giovani. Il test è eseguito a digiuno. Il paziente viene posizionato su un letto che viene inclinato a 60 gradi per 45 minuti (protocollo Westminster). Si monitorizzano la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca. Negli individui predisposti alla sincope vasovagale si può manifestare una caduta repentina della frequenza cardiaca (risposta cardioinibitoria) o della pressione arteriosa (risposta vasoinibitoria) od una caduta di entrambi (risposta mista). Se dopo i primi 45 minuti il paziente non manifesta alcuna alterazione può essere somministrata nitroglicerina per via sublinguale e si prosegue l’osservazione per altri 20 minuti. Anche se viene riprodotta una perdita di coscienza con brevi fasi di arresto del ritmo cardiaco, il test è relativamente innocuo ed i parametri vengono prontamente ristabiliti all’assunzione della posizione orizzontale. Esistono poi tutta una serie di esami invasivi e non invasivi che il medico utilizzerà a seconda delle necessità cliniche (ECG ad alta risoluzione, Studio elettrofisiologico, test farmacologici, ecc.).
In cosa consiste la terapia?
Essa dipende dalla cura della causa scatenante, ossia dalla cura dell’ipotensione, anemia, aritmia ipercinetica(tipo fibrillazione atriale) fino alla cura dell’aritmia a bassa risposta o penetranza ventricolare ( eliminare i farmaci che le hanno causato o le alterazioni del Sodio e Potassio che le accentuano) fino all’impianto di pacemaker definitivi che aiutano il cuore a continuare il suo battito spontaneo accompagnato o addirittura totalmente sostituito da ritmi indotti appunti dal pacemaker.
Ringraziamo il dott. Fabrizio Rizzo per la sua collaborazione.
Alberto Visalli