Secondo gli esperti, la sensibilità al glutine non celiachia è un problema più diffuso di quanto si pensi. Sempre più italiani soffrono di disturbi che potrebbero nascondere una sensibilità al glutine non celiachia. Essere sensibili al glutine significa avere sintomi simili a quelli della celiachia e dell’allergia al grano, senza essere affetti da nessuna delle due patologie. Ne parliamo con la dottoressa Maria Catalioto, Biologa – Direttore Responsabile dell’omonimo Laboratorio di Analisi Chimico Cliniche.
Dott. ssa Maria, che cos’è la sensibilità al glutine non celiachia?
È un disturbo di recente introduzione nel vocabolario medico, utilizzato per identificare tutti quei casi in cui un paziente manifesta sintomi caratteristici della malattia celiaca, e trae beneficio da una dieta priva di glutine, nonostante dagli accertamenti medici sia possibile escludere la presenza di celiachia o di allergia al grano. Pertanto, un soggetto sensibile al glutine manifesta i sintomi tipici della celiachia pur non essendone affetto.
Quali le differenze con la celiachia?
La celiachia è una malattia cronica su base autoimmune dell’intestino tenue che interessa soggetti geneticamente predisposti di tutte le fasce di età. Nei pazienti celiaci, l’ingestione di alimenti glutinati (contenenti glutine) scatena una risposta immunitaria a livello intestinale, che danneggia la mucosa dell’intestino tenue. Da tale danno scaturiscono i sintomi tipici della malattia celiaca, che includono dolori addominali, diarrea e/o costipazione cronica, ritardo nella crescita (nei bambini), anemia e stanchezza psicofisica.
Oggi abbiamo a disposizione diversi esami non invasivi per la diagnosi di celiachia (anticorpi anti transglutaminasi e anti gliadina) che permettono di valutare la presenza o meno della tipica risposta autoimmune al glutine. Tali esami stanno pian piano sostituendo il test tradizionalmente considerato più affidabile, ovvero la biopsia intestinale (tramite un “sondino” introdotto nella bocca e guidato da una telecamera fino all’intestino tenue ove il medico preleva dei campioni di mucosa intestinale). Per poter parlare di celiachia, quindi, non basta la presenza di sintomi fortemente suggestivi, ma occorre, sempre e comunque, dimostrarne l’esistenza tramite specifici test. Si tratta di un aspetto molto importante, anche perché talvolta i sintomi della celiachia sono assenti o si manifestano in modo atipico.
Possiamo quindi avere dei soggetti celiaci che non manifestano disordini intestinali. Nella sensibilità al glutine non celiachia, invece, accade esattamente il contrario, ovvero abbiamo la presenza di sintomi suggestivi di celiachia nonostante – in seguito agli esami appena visti – sia possibile escludere la presenza della malattia (nessuna traccia di “anticorpi anti-glutine” e nessuna traccia di lesioni della mucosa intestinale).
Quali le differenze con l’allergia al grano?
L’allergia al grano è una reazione allergica alle proteine del frumento. Le differenze rispetto alla celiachia risiedono nel tipo di anticorpi coinvolti (oltre che nella gravità dei sintomi associati): mentre nella celiachia sono coinvolti specifici autoanticorpi contro la transglutaminasi tissutale 2 (anti-TG2), nell’allergia al frumento sono coinvolti anticorpi IgE specifici per alcune sue proteine.
Come accennato, esistono differenze anche a livello sintomatologico, dato che l’allergia al grano è caratterizzata soprattutto da disturbi a carico dell’apparato respiratorio (asma del fornaio), talvolta con manifestazioni piuttosto violente (anafilassi indotta dall’esercizio fisico).
La diagnosi di allergia al grano si avvale soprattutto dei prick test e dei RAST specifici.
I sintomi della sensibilità al glutine non celiachia, sono?
La sensibilità al glutine non celiachia è caratterizzata da sintomi intestinali ed extra-intestinali, correlati all’ingestione di alimenti contenenti glutine. Tali sintomi possono comprendere:
Dolori e gonfiori addominali;
Alterazioni dell’alvo (diarrea o stipsi);
Dermatite (eczema ed eruzioni cutanee con arrossamenti e prurito);
Mal di testa e mente annebbiata;
Affaticamento, con o senza dolori muscolo-articolari.
Tutti questi sintomi scompaiono tipicamente con l’eliminazione del glutine dalla dieta, salvo poi ricomparire dopo la sua reintroduzione, solitamente entro ore o pochi giorni.
Quali le cause?
Trattandosi di un disturbo di recente definizione, permangono diversi punti interrogativi sulle cause della sensibilità al glutine non celiachia. Secondo alcuni autori, essa, sarebbe la “semplice” espressione di disturbi gastrointestinali (difficoltà digestive di diversa natura e/o disbiosi) e/o di disordini alimentari. Se qualcosa non funziona perfettamente nella digestione degli alimenti e/o nell’assorbimento dei principi nutritivi in essi contenuti, le sostanze non assorbite vengono fermentate dalla flora microbica intestinale, con produzione di gas, acidi grassi e altre sostanze che possono scatenare i sintomi tipici di IBS (Sindrome del colon irritabile) e NCGS (Sensibilità al glutine non celiachia). In caso di pasti troppo abbondanti e variegati, disordini intestinali, surplus calorici cronici rispetto ai fabbisogni dell’organismo, la quota di nutrienti non assorbita aumenta in maniera importante, generando i sintomi sopraelencati. Allo stesso tempo, a causa di una perdita di selettività della mucosa intestinale, potrebbe esservi anche un assorbimento di sostanze potenzialmente sensibilizzanti, che in condizioni normali verrebbero espulse con le feci. Tutto questo per dire che un soggetto considerato sensibile al glutine potrebbe essere semplicemente una persona che da troppo tempo mangia “troppo e male”.
Studi di caratterizzazione molecolare, sempre più numerosi, stanno cercando di individuare dei marcatori del disturbo, che tuttavia non sempre sono riscontrabili. Le evidenze preliminari in questo ambito, sembrano dipingere la sensibilità al glutine come una particolare reazione immunitaria congenita al glutine, naturalmente differente da quella che dà origine alla celiachia.
Si può fare una diagnosi?
Nel corso dell’articolo abbiamo visto come nei soggetti con sensibilità al glutine non sia possibile dimostrare la presenza né di anticorpi specifici per la celiachia (o per l’allergia al grano) né delle classiche lesioni della mucosa intestinale con atrofia dei villi (eventualmente presenti in forma estremamente lieve). Attualmente non esistono test scientificamente riconosciuti a livello internazionale specifici per la diagnosi di NCGS. Come per l’IBS, quindi, la diagnosi di sensibilità al glutine non celiachia è una diagnosi di esclusione, a cui si arriva dopo che i test per allergia al grano e celiachia hanno dato esito negativo. Ricordiamo, inoltre, che per poter parlare di NCGS occorre che i sintomi associati scompaiano in seguito all’adozione di una dieta aglutinata e che ricompaiano in seguito alla reintroduzione del glutine nella dieta. Sarebbe anche preferibile che tale reintroduzione avvenisse senza che il paziente ne sia a conoscenza, in modo da escludere un possibile effetto placebo. Sulla base di tali considerazioni, confermate anche da evidenze sperimentali, è plausibile che una certa percentuale di persone con IBS (attorno al 25-35%) sia affetta da sensibilità al glutine non celiaca. Tale condizione può essere presente isolatamente o in un quadro di intolleranze multiple.
Come va trattata la sensibilità al glutine non celiachia?
Il trattamento si basa sull’adozione di una dieta priva di glutine per un determinato periodo. Si tratta quindi dello stesso intervento riservato in presenza di celiachia, con la differenza che nella NCGS la sospensione di diete glutinate potrebbe essere solo temporanea. Chiaramente, oltre a questo aspetto, occorre rivalutare, con l’aiuto di un professionista, l’alimentazione nella sua interezza, dalle combinazioni alimentari ad eventuali intolleranze o ipersensibilità, dall’apporto di fibre a quello di zuccheri semplici, dal consumo di alimenti ricchi di additivi all’apporto di acqua. Altrettanto importante è la valutazione di determinati elementi psicologici e comportamentali, come il livello di attività fisica, eventuali stress a livello familiare o lavorativo e l’eventuale assunzione di farmaci, lassativi, alcool e droghe.
Ringraziamo la dott.ssa Maria Catalioto per la sua collaborazione.
Alberto Visalli