Il problema principale non è strutturale, come qualcuno vorrebbe far credere, ma riguarda invece la dotazione organica del personale medico, insufficiente per garantire i turni di guardia. Sembra essere questo l’unico punto certo in una situazione davvero paradossale riguardo il punto nascita dell’ospedale di Sant’Agata Militello, che continua ad essere chiuso dopo le lamentele espresse in una nota dalla Uil. Paradossale perché esplosa proprio nel momento in cui le criticità legate alla struttura sono state senza dubbio superate, grazie all’impegno celere della direzione dell’Asp di Messina, con il recente trasferimento del reparto al secondo piano del nosocomio, con maggiori dotazioni di spazi tanto per le gestanti quanto per le attività ambulatoriali.
Quello che si è scatenato è, invece, un vero e proprio pandemonio che rischia di danneggiare non solo gli utenti del reparto di ostetricia e ginecologia, a tutto vantaggio di altri presìdi ospedalieri che continuano a “calamitare” pazienti, ma l’intera popolazione dei Nebrodi che, se i presupposti sono questi, rischia di vedersi ben presto scippata dell’intero ospedale.
La partecipatissima riunione di ieri al comune, convocata dal sindaco Bruno Mancuso, adoperatosi immediatamente per accendere i riflettori sulla questione, alla presenza dei sindaci dei 18 comuni del distretto sanitario, del direttore generale dell’Asp Paolo La Paglia con altri autorevoli referenti dell’azienda sanitaria, e la presenza in sala di moltissimi rappresentanti del personale medico e sanitario dell’ospedale, non è purtroppo servita a fornire rassicurazioni alla popolazione, anzi, ha di fatto certificato lo stato “comatoso” di un ospedale vittima, già da alcuni anni, di una strategia che sembra inevitabilmente volerlo accompagnare alla definitiva soppressione.
Difficile digerire, per quanto plausibile e reale, la spiegazione che la crisi di un punto nascita che stava tornando a viaggiare su numeri importanti e con ottimi riscontri sulla professionalità indiscutibile degli operatori tutti del reparto diretto dal dottor Umberto Musarra, sia determinata dall’assenza di figure mediche specialistiche, anestesisti in primis, ginecologi e pediatri. Ancor più inconcepibile che si dica che “nessuno vuole venire a Sant’Agata”, come se la garanzia del diritto alla salute su un territorio fosse nella disponibilità di chicchessia. Viene da chiedersi, ad esempio, perché non si provveda a rimpiazzare il personale mancante, temporaneamente ed in attesa di soluzioni organiche definitive, con provvedimenti che, a rotazione, riguardano il personale di tutte le strutture dell’Asp messinese, come invece è stato fatto, e succede tutt’ora, per coprire le guardie all’ospedale di Lipari dove, a partire dalla scorsa estate, a turno, tutti i ginecologi vengono dirottati per un servizio di 24h, compresi i ginecologi in forza all’ospedale di Sant’Agata. Per altro, se la carenza di disponibilità riguarda soprattutto i medici anestesisti, questo significa che presto potrebbero andare in crisi tutti i reparti dell’ospedale che necessitano del blocco operatorio.
Un “handicap” organico che affonda dunque le proprie radici in tempi addietro, quando probabilmente si sarebbe dovuto e potuto prevedere una diversa dotazione ed organizzazione della struttura. Un progetto evidentemente sbagliato quando, probabilmente, si doveva affrontare in maniera diversa la questione sanità sui Nebrodi ed invece si preferiva venire qui a raccontare ancora la storiella dell’ospedale a Cuccubello.
A chi giova, dunque, oggi tutto questo putiferio ? Il de profundis dell’ospedale di Sant’Agata è già suonato?