“Siamo delusi dalla reazione del signor Antoci. Ci saremmo aspettati parole di gratitudine”. Così il presidente della commissione antimafia dell’Ars Claudio Fava è tornato a parlare dopo la pubblicazione della relazione sull’attentato all’ex presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci. Di fronte ai giornalisti in sala stampa a Palazzo dei Normanni c’erano anche i due consulenti che sul caso hanno lavorato a fianco della commissione, l’ex dirigente della polizia di Stato Tuccio Pappalardo, già direttore della Dia, e l’ex presidente del tribunale di Catania Bruno Di Marco. “Una cosa devo smentire subito – attacca Fava – non abbiamo mai acquisito alcun anonimo. Non abbiamo lavorato su alcun ‘si dice’. Abbiamo raccolto testimonianze e documenti ufficiali. Se da indagini che non sono nelle nostre competenze dovesse emergere che si è trattato di una messa in scena, non si è trattato di un ‘mascariamento’ ma di reati. Se così fosse, Antoci si dovrebbe sentire mascariato non dal nostro lavoro ma da chi ha creato una messa in scena ai suoi danni. La mafia ha agito o ha subito? Secondo noi, in questo caso la mafia se ne frega. Quell’attentato non crea certamente un clima favorevole per i ricorsi che pochi giorni dopo sarebbero stati esaminati al Tar proprio sull’uso di quei fondi. Non credo che la mafia avesse questo interesse”.“.
Tuccio Pappalardo ha parlato quindi dell’attività svolta dal commissariato di Sant’Agata Militello e delle morti sospette di Tiziano Granata e Rino Todaro: “Siamo di fronte a un attentato di estrema gravità, di rilevanza nazionale. E il commissariato di Sant’Agata di Militello riceve la delega per le indagini dei magistrati. Mi permetto di dire che il commissariato di Sant’Agata Militello non scompare mai. Per fatti di questa gravità, commessi con danni alle persone, si danno delle indagini dirette e indirette. Quelle dirette che promanano dalla constatazione dei luoghi e dei fatti, quelle indirette partono dopo e riguardano i moventi. Le indagini indirette sono state tutte condotte e anche esaustivamente, con analisi dei tabulati, intercettazioni ambientali e telefoniche e tutto questo non ha condotto a nulla. E opportunamente è stato emesso un decreto di archiviazione. Ma se mi limito alla prima fase, l’isolamento di quei luoghi, la scarsa luce di quei luoghi, hanno un linguaggio muto: le voci dei fatti non hanno prodotto nessun effetto. Ma avrebbero meritato semmai ulteriori approfondimenti. E l’archiviazione mi fa pensare che quei fatti non sono stati tenuti nella debita considerazione. Io avrei approfondito quei fatti sul piano investigativo. Questa vicenda, proprio sulla base del piano investigativo, avrebbe meritato un maggiore approfondimento. Sulle morti dei due poliziotti, penso che a volte la realtà superi la fantasia. Ma non ritengo quei fatti rilevanti per la focalizzazione dell’evento criminale oggetto della nostra inchiesta”.
Alla conferenza era presente anche il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè che in un comunicato stampa ha detto: “Ci tenevo ad essere qui stamattina, perché volevo dare il mio appoggio alla commissione parlamentare Antimafia e anticorruzione per il lavoro che sta facendo: coraggioso, molto minuzioso e preciso. Tutta l’Assemblea regionale è soddisfatta. Dalle tre inchieste che avete curato (caso Montante, processo Borsellino e caso Antoci ) sono emerse tantissime incongruenze e anomalie. Andate avanti e questo Parlamento sarà al vostro fianco”.