Alle 18 in punto di lunedì 26 ottobre 2020 anche a Sant’Agata Militello come nel resto d’Italia le saracinesche di bar e ristoranti si sono irrimediabilmente abbassate, in ossequio alle disposizioni dell’ultimo Dpcm per il contenimento del contagio di Covid su tutto il territorio nazionale. Alcune di quelle saracinesche però non si sono nemmeno alzate per l’intera giornata visto che non è mancato anche chi legittimamente (soprattutto qualche ristoratore) ha scelto di rimanere chiuso non ritenendo utile aprire solo per l’orario di pranzo durante il quale il volume d’affari probabilmente non riesce a coprire nemmeno le spese minime.
Un provvedimento, quello che impone la serrata alle 18 fino al 24 novembre, eccetto servizi a domicilio e da asporto, aspramente contestato dalle associazioni e dai rappresentanti della categoria in tutta Italia perchè visto come misura eccessivamente punitiva, (al pari di quelli per teatri, cinema e palestre), nei confronti di un settore che già durante il lockdown primaverile aveva pagato un prezzo pesantissimo alla pandemia e che con fatica e tanti sacrifici aveva provato lentamente a rimettersi quantomeno in linea di galleggiamento. Nessuno ha mai pensato di ritenersi fuori dalle leggi o di non rispettare le regole né ha mai preteso il “liberi tutti”, come se l’emergenza sanitaria non esistesse o non ci fosse mai stata. Si sono impegnati per l’adeguamento dei locali alle misure di sicurezza, hanno ridotto i posti a disposizione, hanno modificato luoghi di lavoro, abitudini e rapporti con la clientela.
Adesso però la chiusura anticipata alle 18 viene avvertita dai risotratori e gestori dei bar come una vera e propria mazzata che rischia di tagliare loro le gambe, cancellare i sacrifici di tanti mesi e mettere sul lastrico imprenditori che hanno investito nel settore e con essi anche i dipendenti che vi lavorano e le rispettive famiglie. Ne abbiamo intervistati sei, tra ristoratori e gestori di bar di Sant’Agata Militello, in maniera del tutto casuale tra coloro che abbiamo raggiunto poco prima della chiusura e senza un criterio preciso di scelta (in copertina la foto di un cartello esposto al pubblico in un locale chiuso) ma probabilmente anche se avessimo provato a sentirne cento le risposte sarebbero state dello stesso tenore. Chiedono solo di poter lavorare, nel rispetto delle norme di sicurezza, ma per tutti, così proprio si rischia la fine. Ecco le interviste…