Il 23 febbraio 2020 era una domenica nella quale, tra timori e preoccupazioni per le notizie che i media riportavano su qualcosa che sembrava comunque lontana e certamente di cui la percezione non era ancora neanche minimamente vicina a quella che purtroppo sarebbe stata la drammatica realtà dei mesi a seguire, sui Nebrodi aleggiava lo spirito del carnevale, seppur a singhiozzo proprio per le precauzioni che in qualche caso erano già scattate.
A sqarciare la relativa tranquillità nebroidea la notizia dei primi provvedimenti di isolamento precauzionale. In particolare quella mattina era stato il sindaco di San Fratello Salvatore Sidoti Pinto a disporre l’isolamento precauzionale di due nuclei familiari poiché venuti a contatto con una giovane che nei giorni precedenti aveva fatto rientro da Codogno, già tristemente balzato alle cronache come epicentro del primo focolaio del Covid-19 in Lombardia.
Quella domenica anche sui Nebrodi, per quanto poi qualche giorno dopo i tamponi relativi alla ragazza ed ai familiari di San Fratello avrebbero dato esito negativo, si ebbe probabilmente la prima reale percezione che quel coronavirus di cui fino a qualche tempo prima si sentiva parlare solo in coda ai telegiornali tra le cronache dall’estero e col passar delle settimane sempre più vicino fino ad approdare in Italia, in realtà purtroppo non sarebbe stato qualcosa di facilmente contenibile entro i confini territoriali di qualunque regione o nazione. Pochi giorni più tardi anche a Sant’Agata Militello scattò l’allarme per il rientro di un uomo che lavorava nel lodigiano, quindi analoghe preoccupazioni si verificarono a Brolo dove soggiornava una famiglia residente per lavoro a Milano, tra cui una ragazzina con febbre da diversi giorni.
A stretto giro ci furono quindi allarmi in tutti i centri della fascia tirrenco nebroidea ed in più occasioni i sindaci furono costretti a smentire voci che nel frattempo si diffondevano di ora in ora a ritmo incontrollato ma, per quanto singoli episodi furono poi neutralizzati dai riscontri dei primi tamponi negativi, si trattava solo purtroppo del preludio a ciò che da lì a poco sarebbe accaduto.
Il 6 marzo 2020 la prima positività confermata sui Nebrodi fu proprio quella di Sant’Agata Militello, un uomo che aveva fatto rientro da Roma, quindi il giorno successivo risultò positiva anche una sua congiunta. Erano quelli i giorni della prima grande paura, per le condizioni di salute dei positivi ma anche per il quadro complessivo di potenziali contagiati da un virus sulla cui diffusione ancora c’era molta confusione. Partirono quindi i tracciamenti dei contatti ed i relativi isolamenti con l’avvistamento delle squadre dei sanitari che bardati dalla testa ai piedi si introducevano nelle abitazioni per l’esecuzione dei tamponi che diventò sinonimo di ansia e, in alcuni casi purtroppo, anche di una sorta di caccia alle streghe, acuita da una situazione generale su scala nazionale e internazionale che andava sempre più tragicamente peggiorando.
Mentre l’Italia iniziava tristemente a fare confidenza con Dpcm, autocertificazioni e zone rosse ed entrava nell’incubo del primo grande lockdown generale nazionale col Dpcm del 9 marzo 2020, in Sicilia e sui Nebrodi i contagi si erano ormai diffusi e le amministrazioni locali si trovarono a fronteggiare il grave problema del grande rientro di massa dalla regioni del Nord verso la terra natia, dopo la diffusione di notizie che anticiparono di qualche giorno la serrata generale. Molti comuni attivarono i Coc ed i presìdi di controllo presso stazioni ferroviarie e punti di fermata dei pullman, sollecitando operatori ed agenzie di viaggio a mettere a disposizione i nominativi dei viaggiatori, relativamente alle provenienze da zone a rischio epidemiologico. Risalgono a quel periodo l’attivazione di linee telefoniche e caselle email dedicate per la comunicazione obbligatoria da parte di tutti i soggetti rientrati dal nord.
Il 22 marzo arrivano nuove restrizioni, con le chiusure anche delle attività produttive non essenziali o strategiche. Aperti solo alimentari, farmacie, negozi di generi di prima necessità e i servizi essenziali ed anche i paesi dei Nebrodi, dove nel frattempo era iniziato il balletto dello ordinanze più o meno restrittive imposte da singoli comuni per i propri territori, si trasformaroni in scenari spettrali come quelli delle città del nord Italia già duramente colpite dal Covid.
Il 25 marzo 2020 sui Nebrodi divampa il primo grosso focolaio, quello di una casa di riposo di San Marco d’Alunzio, che conterà alla fine un bilancio di quattro decessi tra anziani e la positività di 32 persone tra degenti ed operatori sanitari, con anche vari casi di contagi legati a congiunti del personale e relativi soggetti in qualche modo giunti in contatto. In quei giorni di fine marzo la paura varca anche la soglia dell’ospedale di Sant’Agata Militello, dove si registrano alcuni contagi tra i medici ed il personale sanitario, ed in quello stesso frangente il nosocomio santagatese finisce al centro delle cronache e delle polemiche per la scelta della Regione di istituire un’ala covid hospital. Tra il sit-in di protesta dei sindaci, il sopralluogo dell’assessore Razza con relative rassicurazioni, le barricate di medici e sanitari, alla fine come è noto di quell’ala Covid resterà solo un progetto su carta ed una delibera di affidamento di lavori urgenti mai eseguiti.
Superata anche la Pasqua in lockdown e con la bella stagione ormai in vista, il quardo generale in netto miglioramento autorizza l’ottimismo che accompagna l’avvio della tanto auspicata Fase 2 con il Dpcm del 26 aprile e subito dopo con il provvedimenti del 16 maggio di allentamento delle misure restrittive. Sarà un’estate certamente più spensierata anche nei centri costieri della zona nebroidea, dove il Covid, al pari del resto d’Italia, sembra essere sulla via del tramonto. Come sappiamo però l’illusione dura poco.
Dopo Ferragosto, infatti, le positività riscontrate su alcuni giovani del comprensorio di rientro da un viaggio a Malta fanno nuovamente impennare la soglia di preoccupazione sui Nebrodi, dove si torna improvvisamente a parlare di misure restrittive e zone rosse. Positivi e persone in isolamento cominciano progressivamente ad aumentare in tutti i centri fino ad approdare al picco tra settembre e ottobre. Giovedì 8 ottobre 2020 il riscontro di 35 positività al test rapido fa piombare nel panico la comunità di Galati Mamertino, dove pochi giorni dopo, il 12 ottobre, viene istitutita la prima zona rossa dei Nebrodi (durerà per 19 giorni) da inizio pandemia. I numeri dei positivi sono vertiginosi, fino a sfiorare i 190 contagi nel piccolo centro, mentre la tensione sale nell’interno comprensorio parallelamente al numero complessivo dei contagi.
Tra fine ottobre e inizio di novembre tutta Italia è già in piena seconda ondata, con altri Dpcm che man mano istituiscono misure sempre più rigide fino al Dpcm numero 19, datato 3 novembre, che impone il coprifuoco su tutto il territorio nazionale dalle ore 22 alle 5, tuttora in vigore. Sui Nebrodi il 7 novembre scattano altre due zone rosse, Cesarò e San Teodoro, mentre la seconda ondata ripropone l’attualità di screening di massa sulla popolazione e comincia a far trasparire tutta la fragilità, e più spesso l’inadeguatezza, della macchina sanitaria territoriale con i sindaci che protestano vibratamente per le inefficienze riscontrate ai danni della comunità. Sono i giorni della nascita anche del sistema dei “colori”, con le tre fasce di rischio gialla, arancione e rossa da assegnare settimanalmente alle Regioni in base agli indicatori di monitoraggio e le conseguenti polemiche.
Il 6 novembre la Sicilia diventa arancione, intanto i contagi crescono un po’ ovunque, a Sant’Agata Militello si superano i 50 positivi e purtroppo di registrano anche alcuni decessi. Il 16 dicembre 2020 ancora una casa di riposo al centro di un focolaio, quella di San Fratello, dove la situazione viene in qualche modo contenuta e gestita senza grossi traumi. Si arriva così alle insolite e più amare feste di Natale e capodanno che la storia del dopoguerra ricordi, tra giorni rossi e arancioni ma, senza neanche accorgersene, la terza ondata è già arrivata.
Proprio il periodo delle festività di fine anno lascia in ricordo una nuova grave impennata di contagi. I primi giorni del 2021, il cui arrivo era stato salutato da tutti con giubilo verso la rinscita, segnano invece l’istituzione di altre due zone rosse sui Nebrodi a Capizzi (zona rossa dal 3 gennaio) con un preoccupante picco di contagi anche qui nella casa di riposo per anziani e il decesso in totale di 8 persone) e San Fratello (zona rossa dal 7 gennaio). Una decina di giorni dopo, il 17 gennaio e per due settiamane, tutta la Sicilia sarà di nuovo zona rossa, mentre impazza la polemica sull’opportunità o meno di provvedere, come faranno gran parte dei sindaci, alla chiusura dell’attività didattica in presenza per le scuole di ogni ordine e grado. Massimo allarme anche in altri comuni dei Nebrodi, tra cui Capo d’Orlando, dove i contagi raggiungono quota 100 e si contanto diverse vittime, e Mistretta, dove si registra un decesso.
Con l’arrivo di febbraio la situazione migliora sensibilmente un po’ ovunque, anche se a Tortorici scatta la sesta (e tuttora ultima) zona rossa dei Nebrodi. La Regione ritorna gradualmente in arancione e poi giallo, le scuole riaprono progressivamente, parte la campagna di vaccinazione per gli over 80, nel frattempo…. è già passato un anno.