La Procura della Repubblica di Patti ha chiesto l’archiviazione del fascicolo d’indagine aperto lo scorso anno sul caso della morte di Viviana Parisi e Gioele Mondelo, nelle campagne di contrada Sorba a Caronia. A spiegare le motivazioni che hanno indotto a richiedere al Gip l’archiviazione è il Procuratore capo Angelo Cavallo.
“Tutte le indagini tecniche svolte (indagini cinematiche, medico – legali, genetiche, veterinarie, etc.) hanno permesso di accertare come Viviana, senza ombra di alcun dubbio, si sia volontariamente lanciata dal traliccio dell’alta tensione, con chiaro ed innegabile intento suicidario”.
“Due invece le ipotesi rimaste in piedi per la morte del piccolo Gioele che secondo i riscontri degli esami specialistici, è compatibile con la data della sua scomparsa, ossia il 3 agosto 2020, dunque in piena coincidenza temporale con la morte della madre Viviana, verificatasi, come già detto, in un arco temporale massimo compreso fra le ore 12,00 e le ore 20,00 dello stesso 3 agosto 2020″
“Secondo il primo scenario, Viviana, una volta rifugiatasi all’interno del bosco di Pizzo Turda con Gioele, ha constatato come il bambino fosse deceduto e dunque, convinta di avere causato con la sua condotta irrazionale tale situazione, in preda a un’insopportabile angoscia, si è tolta la vita”.
“Un altro scenario o ricostruzione, però, appare ugualmente possibile: Viviana, una volta giunta nel bosco Pizzo Turda insieme a Gioele, ha commesso un figlicidio di tipo psicotico o altruistico, ponendo fine ella stessa alla vita del figlio”.
Questa la relazione dettagliata della Procura della Repubblica di Patti che ha contestualmente autorizzato la restituzione dei corpi alla famiglia per la celebrazione delle esequie.
Questo Ufficio, al termine di una complessa attività istruttoria, ha depositato richiesta di archiviazione ex art. 408 c.p.p. con riferimento ai reati inizialmente ipotizzati (artt. 605, 575, 328 c.p.) in relazione alla scomparsa di PARISI Viviana e del figlio Gioele, verificatasi in data 3.8.2020 nel territorio di Caronia. La richiesta di archiviazione, una volta terminata la prescritta fase ex art. 408 c.p.p. (avviso alla parti interessate), sarà inoltrata al Gip per le sue determinazioni.
L’attività di indagine si è dispiegata a 360 gradi, al fine di verificare ogni possibile circostanza utile a chiarire la dinamica dei fatti ed in particolare le cause che hanno determinato il decesso di madre e figlio. Nello svolgimento dei complessi ed articolati accertamenti sono stati impegnati molteplici uffici della Polizia di Stato (Squadra Mobile di Messina, Commissariato di P.S. di S. Agata di Militello, Sezione di Polizia Stradale di Messina, Distaccamento di Polizia Stradale di S. Agata di Militello), con il coinvolgimento anche di personale scientifico altamente specializzato (Servizi di Polizia Scientifica – Gabinetti Regionali per la Sicilia Orientale ed Occidentale, rispettivamente di Catania e Palermo).
Sono state eseguite numerose e variegate attività di sopralluogo e di repertazione; sono stati assunti a sommarie informazioni numerosissimi soggetti; sono state analizzate decine e decine di tabulati telefonici; sono state eseguite, per una considerevole durata di tempo, intercettazioni telefoniche e ambientali. Sempre al fine di ricostruire la dinamica dei fatti e le cause della morte di Viviana PARISI e di MONDELLO Gioele, sono stati nominati numerosi consulenti tecnici, ciascuno in relazione alla rispettiva specializzazione professionale, fra cui la prof. Daniela SAPIENZA, professore associato di Medicina Legale dell’Università di Messina e la prof. Elvira VENTURA SPAGNOLO, professoressa aggregata presso l’Istituto di Medicina Legale di Palermo; il prof. Stefano VANIN, professore associato di Zoologia, entomologo forense; la prof. Roberta SOMMA, professore associato di Geologia dell’Università di Messina; la d.ssa Rita LORENZINI, genetista animale in servizio presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana “Aleandri” – Laboratorio di Diagnostica Molecolare Forense; il dr. Rosario FICO, zoologo in servizio presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana “Aleandri”: il prof. Massimo PICOZZI, psichiatra forense – professore di Negoziazione de Conflitti presso l’Università Bocconi di Milano; il prof. Sebastiano PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Patti foglio nr. 2 BATTIATO, professore ordinario di Informatica presso l’Università di Catania; gli ingg. Roberto DELLA ROVERE e Santi MANGANO, esperti in materia di infortunistica stradale; l’ing. Antonio CONSALVI, esperto informatico.
Al termine delle complesse indagini svolte e degli articolati accertamenti peritali, gli ultimi dei quali depositati in tempi recentissimi presso questo Ufficio, si è potuti giungere alle seguenti conclusioni, da sottoporre alla autonoma valutazione del Gip.
E’ possibile affermare, con assoluta certezza, come nella vicenda in esame non sia configurabile alcuna responsabilità dolosa o colposa, diretta o indiretta, a carico di soggetti terzi in relazione alle ipotesi di reato sopra specificate (artt. 605 cp, 575 cp, 328 cp), né ad altre eventuali, diverse fattispecie penali. Nessun soggetto estraneo ha avuto un ruolo, neanche marginale, mediato o indiretto, nella causazione degli eventi.
L’Ufficio, a prescindere dai risultati degli accertamenti tecnici, sin dal primo svolgersi delle indagini, ha inteso operare un controllo capillare su tutti i soggetti a qualunque titolo “gravitanti” nella zona, al fine di poter escludere in modo certo e sicuro qualunque loro coinvolgimento nella vicenda.
A tale proposito sono stati identificati, controllati, assunti a s.i.t. ed intercettati per lungo tempo tutti i raccoglitori del sughero, gli allevatori ed i soggetti comunque presenti nella zona. Le dichiarazioni di tali soggetti sono apparse lineari, coerenti, scevre da contraddizioni di sorta, riscontrandosi reciprocamente, sulla presenza in zona e sui successivi spostamenti, non facendo emergere alcun elemento di sospetto o di dubbio, e confermando la loro completa e totale estraneità ai fatti: nessuno di loro ha mai visto, né tanto meno incontrato PARISI Viviana ed il figlio Gioele. Sono stati acquisiti i relativi tabulati telefonici nel periodo temporale compreso fra i giorni 3 – 19 agosto 2020, al fine di verificare la compatibilità degli spostamenti compiuti in quel periodo con le dichiarazioni rese agli investigatori. Dal loro esame non sono emersi elementi di “allarme” di alcun tipo, o comunque circostanze in contrasto con quanto riferito alle Forze dell’Ordine.
Anche le conversazioni intercettate (telefoniche ed ambientali), protrattesi per un periodo assai lungo, a partire dall’8.8.2020 fino a tutto il novembre 2020, non solo non hanno fatto emergere alcun elemento di particolare “allarme” rispetto a quanto in precedenza dichiarato da tali soggetti, ma, al contrario, hanno dimostrato la assoluta genuinità e buona fede di tutte le loro propalazioni sui fatti. L’intera vicenda, in realtà, è ascrivibile in modo esclusivo alle circostanze di tempo e di luogo, al comportamento ed alle condotte poste in essere da Viviana PARISI e al suo precario stato di salute, purtroppo non compreso sino in fondo, in primo luogo da parte dei suoi familiari più stretti.
Le indagini hanno permesso di accertare in modo incontrovertibile le precarie condizioni di salute mentale di PARISI Viviana: costei, già in data 18.3.2020, era stata trasportata di urgenza presso il P.S. dell’ospedale di Barcellona P.G., con richiesta di assistenza sanitaria obbligatoria in paziente con “… riferita agitazione psicomotoria e con delirio mistico e di persecuzione”; il medico del Pronto Soccorso intervenuto ha ricordato di aver visto Viviana sdraiata per terra, che ripeteva la frase: “Abbiamo consegnato i nostri figli al demonio!!”. Circa tre mesi dopo, in data 28.6.2020, la donna era stata nuovamente condotta presso il Pronto Soccorso del Policlinico di Messina, con la seguente diagnosi: “riferita ingestione volontaria di farmaci”, con chiaro intento autolesivo. La donna, nell’occasione, aveva manifestato la volontà di non sottoporsi ad alcuna visita psichiatrica, che pure appariva necessaria; il certificato medico redatto dal sanitario dava atto della situazione: “… La paziente, resa ampiamente edotta sui possibili rischi e complicanze, in presenza del marito, rifiuta ricovero in osservazione per eseguire monitoraggio ECG e rifiuta di attendere la consulenza psichiatrica.”. Gli episodi sopra indicati non sono stati casi isolati: tutti i familiari, gli amici ed i vicini di casa di PARISI Viviana hanno dichiarato come costei, nel corso del tempo, avesse dato luogo a numerosi episodi di instabilità psicologica, adottando comportamenti singolari (la lettura della Bibbia sul balcone di casa o nel sagrato della chiesa, in pieno lockdown), nonchè accusando manie di persecuzione e timori di vario genere, come quello di essere controllata da sconosciuti, anche attraverso la televisione ed il telefono cellulare, oppure ritenendo di essere pedinata da macchine di grossa cilindrata.
L’esame di alcuni files audio registrati da MONDELLO Daniele all’insaputa della moglie appare indicativo delle condizioni psicologiche in cui la donna da tempo versava. Eloquente il file audio whatsapp 18,55,08: (Parisi Viviana: … tu o devo morire io? … Chi deve morire qua? Dimmi un pò, chi deve morire? Deve morire qualcuno?! Devono morire i nostri genitori!! Deve morire qualcuno?!!! Perché è stato toccato qualche tasto magari troppo… troppo… troppo esplosivo, come la pentola che è esplosa?!!!). Non meno eloquente appare il contenuto del telefonino smartphone in uso alla donna: i messaggi contenuti offrono testimonianza di una donna in uno stato di evidente prostrazione psicologica, bisognosa di cure mediche urgenti. In data 8.6.2020 MONDELLO Daniele scriveva alla moglie: “Prendi le pillole, se ami tuo figlio”. Ed ancora: “Hai rovinato la nostra famiglia, vergognati, mi dispiace solo per mio figlio che non si meritava questo.”. “Curati!”. Nella medesima data MONDELLO Daniele inviava il seguente screenshot alla moglie Viviana: “Centro di Terapia Strategica – Research Training, Psychotherapy Institute – “Paranoia e manie di persecuzione. L’intervento attraverso la psicoterapia breve strategica” e, subito dopo, il seguente messaggio: “Leggi bene, non essere presuntuosa, questo è il problema che ti sono stato vicino per aiutarti, ma tu non vuoi farti aiutare e stai distruggendo la vita di nostro figlio, la tua e la mia e stai facendo soffrire la tua famiglia e la mia, per una volta ascolta chi ti vuole veramente bene!”.
Le precarie condizioni di salute della donna, peraltro, sono state confermate dalla risultanze dell’ “autopsia psicologica” operata dal Professore PICOZZI, il quale ha stabilito come costei soffrisse di “una patologia di importante valenza psicotica”, patologia dalla quale non si era mai ripresa completamente. In altre parole, la donna soffriva di un “disagio preesistente da almeno due anni”, con aspetti clinici tali da spingere a ipotizzare un accertamento sanitario obbligatorio per fronte alla situazione, caratterizzati dalla “presenza di spunti psicotici, con tematiche mistiche, persecutorie e di rovina (riferimenti al demonio, interpretatività delirante – il diavolo nel serpente del bastone di Asclepio -).
Le indagini poste in essere (assunzione a s.i.t. di testimoni) e la consulenza tecnica disposta sulla dinamica del sinistro ha consentito di accertare come la responsabilità nella causazione dell’incidente verificatosi all’interno della galleria autostradale di Pizzo Turda fosse da attribuirsi, esclusivamente, a Viviana PARISI: costei aveva eseguito una manovra di sorpasso scorretta, non mantenendo la dovuta distanza dal veicolo che stava superando ed invadendo la sua corsia di marcia. La consulenza ha anche accertato come l’incidente, in ogni caso, non avesse provocato particolari conseguenze fisiche sugli occupanti della Opel Corsa condotta dalla donna, dato peraltro confermato da diverse deposizioni testimoniali in atti.
Le indagini hanno dimostrato come Viviana, subito dopo l’incidente in galleria, una volta uscita dall’autovettura e recuperato Gioele, si sia volontariamente allontanata insieme al suo bambino dalla sede autostradale, nascondendosi tra la fitta vegetazione esistente sul bordo autostrada, non rispondendo ai richiami delle persone che pure la stavano cercando. Il consulente psichiatrico, in particolare, ha analizzato quanto successo la mattina del 3 agosto 2020: Viviana, quel giorno, “… si allontanava dalla propria abitazione senza lasciare segni di un progetto autolesivo”, ma, in ogni caso, poco dopo, “… l’incidente stradale ha rappresentato per costei uno stressor acuto che ha valicato ogni capacità di elaborazione e risoluzione”; tale situazione è stata causata da “una interpretazione persecutoria dell’evento”, come se il sinistro fosse stato “causato intenzionalmente, per nuocerle, da inesistenti aggressori”, oppure, in alternativa, dall’ “innescarsi del timore inaccettabile che il marito ne approfittasse per toglierle la potestà genitoriale, allontanandola per sempre dal suo bambino”.
Tutte le indagini tecniche svolte (indagini cinematiche, medico – legali, genetiche, veterinarie, etc.) hanno permesso di accertare come Viviana, senza ombra di alcun dubbio, si sia volontariamente lanciata dal traliccio dell’alta tensione, con chiaro ed innegabile intento suicidario.
In particolare, la morte di Viviana Parisi è stata determinata da arresto cardio-circolatorio per shock traumatico da grave politraumatismo fratturativo vertebro – midollare e toracico, derivante da una precipitazione da media altezza (lancio volontario), pienamente compatibile con la precipitazione dal traliccio dell’alta tensione, con esclusione assoluta della presenza di lesioni intra vitam e post mortem causate da animali, nonchè con esclusione assoluta di lesioni o comunque segni riconducibili all’azione violenta di soggetti terzi.
L’epoca della morte di Viviana deve essere collocata all’interno di un arco temporale compreso, al massimo, tra le ore 12.00 e le ore 20.00 del giorno stesso della sua scomparsa, cioè il 3.8.2020, dunque a ridosso e nell’immediatezza dei fatti. Il cadavere di Viviana non è stato oggetto di spostamento ad opera di terzi, così come emerso, oltre che dai risultati degli accertamenti medico – legali, anche dagli studi condotti dall’entomologo, prof. Vanin; in particolare, è emerso che la decomposizione del cadavere di Viviana Parisi è avvenuta e si è svolta, per intero, nel medesimo luogo del suo ritrovamento, che, pertanto, coincide pienamente con quello del decesso. Il cadavere di Viviana, inoltre, non reca alcun segno o riscontro tipico delle morti per asfissia da annegamento in acqua stagnante; il fenomeno dei c.d. “denti rosa”, inoltre, è fenomento aspecifico, privo di qualsivoglia, serio fondamento scientifico.
Più complessi sono risultati gli accertamenti medico – legali – entomologici – veterinari per stabilire la causa della morte di Gioele MONDELLO, alla luce dello stato di conservazione del corpo. In ogni caso sono stati raggiunti dei sicuri punti fermi. Con riferimento all’epoca del decesso del bambino, i consulenti hanno accertato come la morte del piccolo sia comunque compatibile con la data della sua scomparsa, ossia il 3 agosto 2020, dunque in piena coincidenza temporale con la morte della madre Viviana, verificatasi, come già detto, in un arco temporale massimo compreso fra le ore 12,00 e le ore 20,00 dello stesso 3 agosto 2020. Gli accertamenti sui reperti biologici di origine animale e di tipo veterinario – forense hanno permesso di rilevare, in primo luogo, come Gioele non abbia subito, mentre era ancora in vita, alcuna aggressione da parte di animale (canidi, suidi o altro tipo ancora).
E’ stato invece accertato come la specie animale “Vulpes vulpes” abbia svolto un ruolo di necrofago, abbia cioè consumato il corpo di Gioele, ma soltanto dopo la sua morte. Gli accertamenti di genetica umana e di carattere veterinario hanno consentito di rilevare come gli indumenti indossati da Gioele al momento dei fatti (sandali; pantaloncino; slip; frammento di maglietta) non recassero tracce di sangue. Tutto ciò conferma come Gioele non possa essere stato oggetto di un’aggressione in vita da parte di cani o altri animali selvatici, dal momento che un’aggressione di tal tipo avrebbe prodotto, proprio a causa delle ferite inferte, un imponente perdita di sangue con conseguente “dilavamento” di tutti gli indumenti indossati.
Le consulenze sulla dinamica del sinistro e medico – legale hanno escluso che la morte del bambino possa essere riconducibile alle conseguenze del sinistro stradale, sia per l’assenza di lesioni vitali significative al capo, sia a livello di tronco – addome. La consulenza medico – legale – entomologica – veterinaria, inoltre, ha consentito di escludere che Gioele possa essere deceduto in conseguenza di patologia traumatiche riportate al cranio; di escludere che Gioele possa essere deceduto in conseguenza di lesività traumatiche ossee (fratture); di escludere che Gioele possa essere deceduto in conseguenza di veleni o di altre sostanze tossiche; di escludere la presenza sui resti di Gioele di lesioni o comunque segni riconducibili all’azione violenta di soggetti terzi; di escludere alcun segno o riscontro tipico delle morti per asfissia da annegamento in acqua stagnante.
La consulenza geologica – botanica ha permesso di accertare come Viviana abbia raggiunto il bosco di Pizzo Turda, ove poi sono stati rinvenuti i resti di Gioele, con la conseguenza che la donna ha interagito con il bambino anche in questa località specifica, ed in modo esclusivo (i numerosissimi semi di Erica Arborea, vegetale esclusivamente presente in tale area – bosco di Pizzo Turda – e dunque caratterizzante in modo specifico quel luogo, rinvenuti sulle suole delle scarpe Adidas di Viviana, consentono di ritenere con certezza come costei sia arrivata nello stesso luogo ove poi sono stati ritrovati i resti del bambino). I sandaletti di Gioele, rinvenuti nel bosco di Pizzo Turda assieme agli altri resti del bambino, si sono contraddistinti per alcune indubbie peculiarità: essi erano del tutto integri e puliti, senza segni di morsi, sangue o altri liquidi biologici e/o putrefattivi; si presentavano appaiati e quasi perfettamente allineati tra loro, a differenza di tutti gli altri reperti, dispersi in un’ampia area; il sandaletto sinistro presentava le due fascette chiuse su sé stesse, ma poste al di fuori del passante di guida in metallo; il sandaletto destro presentava ambedue le fascette perfettamente chiuse ed attraversanti i passanti in metallo di guida. Le chiusure in velcro, com’è noto, sono molto resistenti alla trazione e quindi un qualsiasi tentativo da parte di animali di asportarli dai piedi avrebbe lasciato i segni dei denti sulla superficie dei sandaletti.
Alla luce di tali elementi è indubbio che i sandaletti non siano stati asportati dai piedi del bambino ad opera di animali, bensì ad opera di mani umane, che non potevano che essere che quelle di Viviana, la quale come già detto, è giunta nel bosco di Pizzo Turda. La donna si è “rifugiata” nel bosco di Pizzo Turda perché, come già detto, riteneva di dover scappare da inesistenti aggressori o perché temeva che il marito potesse toglierle la potestà genitoriale.
Alla luce di tali dati complessivi, due situazioni – scenari appaiono plausibili, in sintonia con quanto sostenuto in sede di autopsia psicologica. Secondo il primo scenario, Viviana, una volta rifugiatasi all’interno del bosco di Pizzo Turda con Gioele, ha constatato come il bambino fosse deceduto e dunque, convinta di avere causato con la sua condotta irrazionale tale situazione, in preda a un’insopportabile angoscia, si è tolta la vita.
Peraltro, sono già state escluse una serie di possibili cause di morte del bambino; non si può escludere a priori, invece, che Gioele, durante il suo vagare per le campagne assieme alla madre, abbia subito un incidente di tipo traumatico (per es., una caduta accidentale), che abbia comportato una possibile lesione ad un organo interno, tale da determinarne, poco tempo dopo, il decesso; né si può escludere che Gioele possa aver subito un arresto cardio – circolatorio semplicemente dovuto a affaticamento eccessivo, stress emotivo, colpo di calore, sete.
Un altro scenario o ricostruzione, però, appare ugualmente possibile: Viviana, una volta giunta nel bosco Pizzo Turda insieme a Gioele, ha commesso un figlicidio di tipo psicotico o altruistico, ponendo fine ella stessa alla vita del figlio (cfr. consulenza del prof. PICOZZI “… E’ comunque altrettanto possibile l’ipotesi di un figlicidio di tipo psicotico o altruistico, seguito da un suicidio.”), mediante strangolamento o soffocamento. Sintomatico il fatto che l’unico materiale rinvenuto sotto le unghie delle mani di Viviana (indice, medio ed anulare) sia stato poprio il profilo genetico di Gioele. La donna, dopo la morte del piccolo, sia esso dovuto ad un evento accidentale (ma comunque ristretto ai limitati casi sopra indicati) o ad un suo gesto volontario, ha deposto il corpo di Gioele e si è allontanata, alla ricerca del primo luogo “utile” che le permettesse, in qualche modo, di porre fine alla sua vita, subito dopo incontrando il traliccio dell’alta tensione.
In ogni caso ed in definitiva, l’ipotesi dell’infanticidio commesso da Viviana, alla luce dell’indubbio carattere residuale dell’altro scenario prima prospettato (morte di Gioele causata da una mera lesione interna, da un colpo di calore, per sete, etc.), continua a rimanere la tesi più probabile e fondata per questo Ufficio.
All’esito delle complesse indagini tecniche, è stato emesso il nulla osta al seppellimento dei corpi.