Quando andiamo in vacanza siamo abituati a scegliere le mete in base a ciò che vogliamo visitare, al clima che vogliamo trovare; prepariamo la valigia sapendo a che cosa andremo incontro. Ci sono alcuni “viaggi” in cui, però, non è tutto cosi facile da programmare. Un giorno ti accorgi che tuo figlio ha bisogno di aiuto. Prima pensi che sia pigro e lo rimproveri perché non ha voglia di studiare, poi inizi a capire che c’è qualcosa che non va. Cerchi di sapere dove andare, cosa fare, come comportarti. A volte ti senti in colpa per non averlo capito! Grazie alla dott.ssa Valentina Miceli affronteremo il tema dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (o DSA): quei “disordini” che per molto tempo sono stati ignorati. Oggi i DSA sono finalmente riconosciuti come difficoltà e “disordini” con chiari segni su cui intervenire-lavorare, attraverso una rete multidisciplinare.
Dott.ssa Valentina, cosa intendiamo quando parliamo di Disturbi Specifici dell’Apprendimento?
Parliamo di una condizione clinica evolutiva di difficoltà di apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo, rispettivamente (Dislessia, Disortografia, Discalculia, Disgrafia) che si manifesta con l’inizio della scolarizzazione. Il DSA è un disturbo cronico la cui espressività si modifica in relazione all’età e alle richieste ambientali: si manifesta cioè con caratteristiche diverse nel corso dell’età evolutiva e delle fasi di apprendimento scolastico. La sua prevalenza risulta maggiore nella scuola primaria e secondaria di primo grado.
Quando ci si trova dinnanzi a bambini così piccoli si potrebbe pensare che sono pigri piuttosto che ad una difficoltà da inquadrare con una diagnosi?
Certamente per un genitore che si trova ad “urtare” con alcuni rimandi non proprio positivi da parte degli insegnanti sul figlio è piuttosto facile pensare che non abbia voglia di studiare. Così tra un rimprovero e una punizione, prima pensi che sia pigro, poi inizi a capire che c’è qualcosa che non va … allora, cerchi di sapere dove andare, cosa fare, come comportarti. A volte ti senti in colpa per non averlo capito e poi ad un certo punto ti accorgi che devi “cambiare gli occhiali” con cui guardi a tuo figlio ed ai suoi errori.
Quali sono le condizioni cliniche che è possibile distinguere?
Queste difficoltà delle capacità scolastiche relative all’apprendimento possono essere raggruppate in alcune categorie sulla base del deficit funzionale: Disturbo della lettura, Disturbi dell’espressione scritta, Disturbi del calcolo, Disturbi Non Altrimenti Specificati (NAS).
Tra i disturbi della lettura possiamo identificare la Dislessia, quale difficoltà strumentale di leggere correttamente e nella giusta fluidità, in assenza di altri impedimenti; la Disgrafia, quale difficoltà strumentale di scrivere correttamente (quest’ultima comporta a vario livello la Disortografia). Infine, la Discalculia, disturbo dell’esercizio delle prestazioni del calcolo, della comprensione e della risoluzione di problemi matematici.
Per fare questa diagnosi di DSA, che può manifestarsi in diversi modi, in genere si utilizzano criteri di esclusione con altre patologie?
Si è in presenza di DSA quando si osservano disfunzioni specifiche, non derivanti da disturbi sensoriali/percettivi, ritardo mentale grave, disturbo della simbolizzazione, disturbi del linguaggio, patologie neurologiche gravi. Pertanto, come ci suggeriscono i Manuali Diagnostici (non ultimo il DSM-5) per porre diagnosi di DSA, tali difficoltà non devono derivare da altre patologie. Infatti essi coinvolgono uno specifico dominio di abilità, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.
Quali sono i “segnali” che permettono ad una mamma di cogliere che il proprio figlio ha un disordine come un DSA?
I bambini con DSA spesso hanno problemi di memoria nei casi in cui l’informazione è strutturata in sequenza. Ad esempio: imparare i giorni della settimana, i mesi dell’anno, le note musicali, le tabelline o l’alfabeto. Pensano principalmente per immagini. Spesso confondono la destra dalla sinistra e non hanno una buona percezione del tempo che scorre con la conseguente possibilità di avere difficoltà nell’organizzazione e nell’essere puntuale. Hanno grosse difficoltà motorie fini, come allacciarsi le scarpe o i bottoni. Il modo in cui impugnano la penna è inconsueto. Risultano non coordinati e goffi nei movimenti. Hanno notevoli difficoltà nel mantenere l’attenzione e la concentrazione.
Nelle elaborazioni spontanee hanno notevoli difficoltà nello strutturare un discorso che abbia un senso e la giusta successione dei tempi (tuttavia apprendono rapidamente attraverso l’osservazione, la dimostrazione, la sperimentazione e gli aiuti visuali, ad esempio mappe concettuali). La lettura può apparire molto lenta e /o scorretta. Sono lenti a scrivere soprattutto quando devono copiare dalla lavagna, commettono errori, saltano parole e righe, non utilizzano armoniosamente lo spazio nel foglio. Molti bambini scrivono con caratteri troppo grandi e/o troppo piccoli e preferiscono scrivere in stampato maiuscolo. Hanno difficoltà a fare i calcoli (incolonnamento, riporto a causa della difficoltà nella gestione dello spazio sul foglio). Per un DSA qualsiasi operazione risulta faticosa come a noi risulterebbe faticoso guidare per la prima volta in Inghilterra.
DSA e Dislessia sono la medesima cosa?
No! La Dislessia è un disordine specifico all’interno della grande categoria dei DSA. Il bambino dislessico-disgrafico, per esempio, non ha difficoltà a discriminare la singola lettera né a scriverla mentre comincia a compiere errori quando ha a che fare con parole, ovvero con sequenze di letture. Allo stesso modo, sbaglia nello scrivere in sequenze, nel memorizzare in ordine, nel battere ritmi, nel parlare rapido o in parole lunghe ( ad esempio: dialogo-diagolo; cinema-cimena; caramella-camarella), compie cioè errori di coordinamento nello spazio e nel tempo, tali da disturbare l’esercizio delle successioni.
A partire da quale età è possibile fare la diagnosi?
La diagnosi di DSA può essere redatta alla fine della seconda primaria per la Dislessia, Disortografia e Disgrafia; mentre alla fine della terza primaria per la Discalculia (Consensus Conference,2010). Tuttavia una valutazione precoce, anche in età prescolare, permette di intervenire tempestivamente per ridurre l’intensità del disordine e prevenire le difficoltà emotive correlate.
Una valutazione precoce, è sempre utile o lascia intravedere dei rischi?
Un’anticipazione eccessiva della diagnosi aumenta in modo significativo la rilevazione di falsi positivi. Tuttavia, è possibile individuare fattori di rischio (personali e familiari) e indicatori di deficit di apprendimento che possono consentire l’attuazione di attività e interventi mirati e precoci e garantire una diagnosi tempestiva
Quali sono gli interventi che si sono rivelati utili nella sua esperienza, in questi casi?
A mio avviso gli interventi utili vanno nella direzione di diversi importanti contesti: la famiglia che si rivolge ad uno specialista, la scuola, i servizi di Neuropsichiatria infantile. Anche se ancora non esiste uno specifico osservatorio epidemiologico nazionale, le informazioni che provengono dai Servizi di Neuropsichiatria Infantile indicano che i DSA rappresentano quasi il 30% degli utenti di questi servizi in età scolare e di questi il 50% circa degli individui effettuano un intervento riabilitativo. I DSA sono attualmente sotto diagnosticati, riconosciuti tardivamente o confusi con altri disturbi. Raggiungere una diagnosi è un bel punto di partenza.
Per quanto riguarda l’intervento con il bambino, questo prevede una presa in carico mediante aree specifiche e obiettivi da raggiungere commisurati alle singole abilità del bambino in questione. Parte quindi dalle abilità, potenziandole! È caratterizzato da cicli brevi e ripetuti stimabili da due a tre sedute alla settimana per una durata di almeno tre mesi. Scopo del trattamento è sollecitare, monitorare e spingere a fluidità sia le capacità di base (motorie, percettive, di memoria, linguistiche, di pensiero, grafo motorie) che quelle primarie (lettura, scrittura, matematica). È importante portare/ condurre il bambino DSA a riflettere sulla sua situazione e sul suo sistema attribuzionale (autostima e conoscenza dei propri punti forti e deboli); favorire produttivi momenti di dialogo con se stesso; ridimensionare il senso e la direzione della propria esperienza; rilanciare la propria sicurezza; apprezzare il proprio comportamento apprenditivo, emotivo e relazionale.
Quali gli “interventi” della scuola ?
La scuola è chiamata a formulare un Piano Didattico Personalizzato partendo dalla diagnosi o dalla valutazione funzionale; quest’ultima è un contratto condiviso fra docenti, famiglia e pedagogisti, in modo da individuare e organizzare un percorso personalizzato che porti alla realizzazione del successo scolastico degli alunni DSA. Per successo scolastico intendo un bambino che diventa consapevole dei propri limiti al punto tale che con l’ausilio di strumenti compensativi e dispensativi, questi non si traducano in disagio scolastico e il bambino riacquisisca la visione della scuola come di un contesto sicuro e di sé, come di un bambino capace.
Ringraziamo la Dott.ssa Valentina Miceli per la sua collaborazione.
Alberto Visalli