A Settembre scorso erano tutti sobbalzati sulla sedia quei sindaci a rischio decadenza in virtù del comma 2 bis dell’art. 5 della legge regionale 11 agosto 2016 n. 17 che estende le cause di cessazione del consiglio comunale anche a giunta e sindaco, tra cui la mancata approvazione del bilancio nei termini di legge. A salvare i sindaci a rischio era giunto però il “salvagente” di Rosario Crocetta che aveva stoppato l’applicazione della legge per le amministrazioni comunali già in carica, sconfessando quando sostenuto dalla circolare interpretativa diffusa dallo stesso assessore regionale alla funzione pubblica Luisa Lantieri.
Un salvagente che, esaurito evidentemente il suo scopo, si è ora sgonfiato, visto che proprio lo scorso 31 Marzo, sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana N°13 è stata ripubblicata la “Interpretazione autentica in materia di cessazione dalle cariche negli enti locali”. Viene ribadito dunque che “Il comma 2 bis dell’articolo 11 della legge regionale 15 settembre 1997, n. 35 si interpreta come immediatamente applicabile dalla data di entrata in vigore della legge regionale 11 agosto 2016, n. 17” e dunque che “La cessazione del consiglio comunale per qualunque altra causa comporta la decadenza del sindaco e della rispettiva giunta e la nomina di un commissario ai sensi del comma 4”. Sindaci a casa dunque ogni qualvolta decade il consiglio comunale, e quindi, anche per effetto della mancata approvazione del bilancio. Un’interpretazione che ha nuovamente mandato su tutte le furie i sindaci siciliani tant’è che l’Anci Sicilia ha contestato gli effetti che potrebbero derivare dalla legge regionale, decidendo, nell’ipotesi di emanazione dei decreti di scioglimento, di presentare un ricorso collettivo ritenendo che ci si trovi di fronte ad una norma incostituzionale.
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